Attraverso lunghi video su Instagram analizza fatti di attualità, ne ricostruisce le radici storiche e cerca di innescare un sentimento preciso e fondamentale nella storia del progresso umano «La rabbia è stata sempre la miccia del cambiamento nella Storia: nessun diritto è stato guadagnato chinando il capo, ma partendo da una collettività arrabbiata».
Nel momento storico con il più grande flusso di informazioni prodotte e scambiate di sempre, l’indipendenza e la volatilità delle fonti resta un problema fondante: vecchi e nuovi media, dai giornali alla tv ai social network, restano legati ai desideri e alle scelte dei loro editori e proprietari, condizionando l’informazione in profondità. Flavia Carlini è del 1996, è nata a Napoli e da un paio d’anni attraverso lunghi e diretti video su Instagram analizza fatti di attualità, ne ricostruisce le radici storiche e cerca di innescare un sentimento preciso e fondamentale nella storia del progresso umano. Dice: “La rabbia è stata la miccia del cambiamento sempre nella Storia: nessun diritto è stato guadagnato chinando il capo, ma partendo da una collettività arrabbiata”. Per questo la sua voce e la sua scrittura, a qualche mese dalla pubblicazione del suo primo libro, sono così irrorati di rabbia. Questa, per lei, è la via per passare da sofferenze individuali a un’azione di cambiamento collettiva e profonda.
Perché hai iniziato a pubblicare informazioni sull’attualità su Instagram?
Inizialmente volevo produrre autonomamente una cosa che da fruitrice dell’informazione non avevo, cioè un’analisi più critica del mondo che abitiamo e del sistema di informazione stesso; dei media in grado di risalire alle origini dei fenomeni, ricostruendo le loro cause e le responsabilità alla base di quello che avviene. Cercavo un’informazione non sottoposta a censura, poiché chi scrive sui giornali ha vincoli editoriali che chi è indipendente come me non ha. L’indipendenza delle fonti giornalistiche per me è molto importante. Quindi, ho cominciato a pubblicare su Instagram perché vedevo un buco nelle fonti e nei media. Cercavo fonti in grado di suscitare domande e di innescare la messa in discussione del mondo che abitiamo e del sistema politico, economico e sociale in cui siamo immersi. Avvertivo un gap tra le mie necessità e l’informazione attorno e ho cercato di colmarlo. Tutto è nato dalle elezioni del governo Meloni, quando vedevo molte persone pronte a votare senza conoscere programmi e storia dei partiti, più guidati dalla propaganda di ognuna delle parti che da un’analisi più profonda delle cose.
Guardando il tuo profilo mi sembra sia cambiato il tuo stile, puntando sempre più sui video anche piuttosto lunghi per gli standard di Instagram. Il tuo linguaggio è diventato sempre più sicuro ed efficace, mantenendo un tono fortemente colloquiale. Hai scelto razionalmente nel tempo lo stile da adottare?
Non ho preso a tavolino decisioni sullo stile. Credo di funzionare meglio in video perché lo trovo uno strumento più rapido ed efficace ed è più semplice registrare un video in tono colloquiale anziché scrivere dei caroselli su Instagram. Quindi ho sposato sin da subito questo tipo di comunicazione. Se cercassi di scrivere quel che dico, sarei più prolissa e meno fruibile, mentre per me l’accessibilità delle informazioni è al primo posto, come dicevo prima; cerco di fornire informazioni con maggiore colloquialità di quanto non facciano gli esperti.
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