Awand. Rivista analogica di arti e creatività

«Da tempo ho coniugato questo interesse per la spontaneità del racconto fotografico, vissuto non solo come classico resoconto di esperienze ed incontri, ma come visual storytelling che con scatti più personali e creativi trasmetta il fascino segreto dei luoghi urbani e degli ambienti della cultura, svelati attraverso immagini e parole come una “fotografa narratrice”».

 

1 sito

 

Quello che ci ha colpito delle fotografie di Sara Camporesi è questa loro capacità di dare corpo alla relazione geometrica e ed emozionale fra i luoghi d’arte e chi li vive, fra le architetture e chi le attraversa, fra la trama del fitto tessuto artistico italiano e i corpi dei visitatori. Sono immagini da cui nascono suggestioni per piccole e grandi storie aperte ad evoluzioni imprevedibili, racconti in cui le arcate, i colonnati, le grandi vetrate dei palazzi nobiliari, gli scorci delle scalinate diventano imponenti scenografie delle vicende umane.
«Da tempo ho coniugato questo interesse per la spontaneità del racconto fotografico, vissuto non solo come classico resoconto di esperienze ed incontri, ma come visual storytelling che con scatti più personali e creativi trasmetta il fascino segreto dei luoghi urbani e degli ambienti della cultura, svelati attraverso immagini e parole come una “fotografa narratrice”».
Chi frequenta i luoghi d’arte sa di interpretare un piccolo ruolo all’interno di una drammaturgia il più delle volte secolare, sa di essere una manciata di fotogrammi di una pellicola assai più lunga, densa di centinaia, migliaia di altre storie e vicende come la propria. Sa di essere solo di passaggio all’interno di quello spazio scenico. Le foto di Camporesi questo lo mostrano con grande evidenza. Noi passiamo, la grande arte resta.
«Coinvolta in attività di promozione culturale» riporta la sua presentazione ed è quanto mai evidente l’interesse e l’amore per il patrimonio storico e artistico: il suo profilo Instagram è ricchissimo di immagini scattate in lungo e in largo per l’Italia, spesso accompagnate da annotazioni, a volte storiche, a volte più liriche, fino ad essere vere e proprie poesie.
«La street photography non è (soltanto) un genere fotografico. È un modo di percepire l’altrove intorno a noi, con silente rispetto e acuta osservazione. La street photography è una lente grazie alla quale le ombre non nascondono ma delineano, le luci irrompono e rapiscono, le geometrie compongono e scompongono a loro piacimento. La street photography è “sentire” i luoghi ancor prima che appropriarsene. Essere prima di apparire.»

 

(...)

L'articolo integrale è pubblicato nel n. 6 di Awand, inverno 2022-2023.
Abbonati, acquistalo o cercalo nei punti vendita.

Antonio Ant Cornacchia
Antonio Ant Cornacchia
Grafico, art director, giornalista. Ha studiato all'Accademia delle Belle Arti. È il fondatore e direttore di Awand. C'è chi lo chiama Ant, che sta per formica.

La sua pagina


© Riproduzione riservata. È vietata qualsiasi riproduzione su qualsiasi mezzo senza autorizzazione esplicita di Awand e degli autori.
© All rights reserved. Any reproduction on any medium is forbidden without the explicit authorization of Awand and the authors.