Cultura. Presidente della Fondazione Luigi Rovati che ha aperto un nuovo museo d’arte a Milano. «La nostra è una infrastruttura culturale. La stampa ci ha identificati come un museo etrusco ma noi guardiamo l’archeologia come una materia contemporanea, non come un reperto archeologico»

 giovanna forlanelli

 

Nel settembre del 2022 a Milano è stato inaugurato un nuovo museo d’arte. In Corso Venezia, difronte al Planetario e al Museo di storia naturale, la Fondazione Luigi Rovati ha aperto le porte per mettere in mostra una collezione ricca di reperti etruschi e opere contemporanee. Ma la Fondazione non è solo il museo. Nel palazzo che fu dei Rizzoli, l’architetto Mario Cucinella ha realizzato una infrastruttura culturale, così la chiama Giovanna Forlanelli, la presidente, che siede nel CDA di Rottapharm Biotech e che nel 2005 ha fondato la Joahn & Levi, casa editrice di arte, soprattutto contemporanea di cui è appassionata e collezionista. Una famiglia, quella dei Rovati, molto legata alla Brianza (l’azienda ha tuttora sede a Monza), terra in cui ha sempre sostenuto molte iniziative cuturali.

È passato un po’ di tempo dalla nostra intervista precedente. Nel 2009 avevi fondato da pochi anni Johan & Levi. Cos’è successo nel frattempo?

Come gruppo Rottapharm Madaus abbiamo continuato con le nostre attività legate all’arte e al territorio, poi nel 2014 abbiamo ceduto il ramo commerciale continuando con la parte di ricerca. A quel punto abbiamo anche deciso di cambiare il progetto di sostegno all’arte e alla cultura. Già da tempo avevamo iniziato a co-progettare e progettare noi direttamente le attività, a quel punto noi — i tre medici della famiglia, io, mio marito Lucio Rovati e mia figlia Lucrezia — abbiamo creato una fondazione intitolata a mio suocero (Luigi Rovati, il fondatore, all’epoca ancora vivo, Ndr) e avviato un progetto di startup culturale internazionale in cui ho avuto un ruolo operativo da direttore, prima ancora che da presidente. Abbiamo cercato l’immobile adeguato in questa zona per essere vicini agli altri musei e nel frattempo acquistato il primo nucleo della collezione, nel 2016. Nello stesso periodo ho conosciuto l’architetto Mario Cucinella a cui abbiamo chiesto di progettare il museo. Volevo un architetto attento alla sostenibilità e come noi alla prima esperienza in questo campo, che si mettesse in gioco senza riproporre temi già affrontati. Le indicazioni date sono state di non creare un white cube, di mantenere parte dell’identità del palazzo ormai storicizzato, non solo per i vincoli della Soprintendenza. Questa era la residenza prima dei Bocconi e poi dei Rizzoli che nel 1960 avevano affidato all’architetto Perego gli ultimi lavori di ristrutturazione.

Intanto si arricchiva la raccolta di opere.

Dopo aver acquisito altre due collezioni abbiamo pensato di inserire anche il contemporaneo. Ci siamo resi conto che lo spazio non sarebbe stato sufficiente e abbiamo scavato un secondo livello sotto il palazzo e sotto il giardino, in convenzione con il Comune di Milano. Una seconda variante ha riguardato il ristorante, gli spazi a piano terra sarebbero stati insufficienti così gli abbiamo destinato l’ultimo piano (gestito dallo chef Aprea, Ndr). Del progetto iniziale è cambiato quasi tutto alla fine. Poi è partito il lavoro sulla parte digitale del museo, in cui mi ha affiancato Micaela Acquistapace, AD di Johan & Levi. Volevamo che il virtuale e il digitale fossero sì molto presenti ma silenti, che aiutassero ad apprezzare la collezione senza soverchiare l’opera d’arte. Un’altra intuizione è stata quella di mettere nell’architettura contemporanea l’antico e negli spazi più classici il contemporaneo, chiedendo agli artisti di creare opere site specific.

 

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L'articolo integrale è pubblicato nel n. 8 di Awand, estate 2023.
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Antonio Ant Cornacchia
Antonio Ant Cornacchia
Grafico, art director, giornalista. Ha studiato all'Accademia delle Belle Arti. È il fondatore e direttore di Awand. C'è chi lo chiama Ant, che sta per formica.

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