Artista visivo e direttore artistico, come musicista con gli Osanna ha fatto la storia del progressive rock in Italia: «Uno dei meriti del prog, forse il più grande, fu coniugare tante cose insieme: musicisti, artisti, fotografi… Fu una rivoluzione nella comunicazione artistica»
Lino Vairetti in un ritratto di Riccardo Piccirillo
Per i più è stato, ed è ancora, soprattutto il cantante degli Osanna, il frontman di uno dei più importanti gruppi prog degli anni Settanta, ma le sue passioni e produzioni abbracciano anche la scultura, la grafica, il teatro e la comunicazione. L’astronave Osanna nell’agosto del 2021 ha tagliato il traguardo dei 50 anni di attività, la pubblicazione del primo album, L’Uomo, risale infatti al 10 agosto del 1971.
Il prog sembra essere tornato: molte band e musicisti degli anni Settanta stanno per presentare nuovi album. C’è qualcosa, in tutto questo, che ha a che fare col ritorno del vinile?
Per noi il vinile non è un ritorno… È una cosa normale. Io non ho mai smesso di pubblicare in vinile la musica. Perché sono legato al feticcio. Per noi c’è ancora una fascinazione antica. Credo che anche i giovani di oggi guardino con interesse alle produzioni in vinile. Quel formato appartiene alle cose belle. È uguale a leggere un buon libro…
Da autore e da protagonista è ancora più evidente questo legame? Negli anni del prog facevate a gara a sorprenderci, a superarvi… I dischi di quegli anni mostravano una cura maniacale sul piano grafico, una marchio di identità anche estetica…
Io e Massimo Guarino, il batterista della prima formazione, venivamo dall’Accademia delle Belle Arti e gestivamo insieme uno studio grafico. Facevamo copertine per altri artisti ma - quando firmammo per la Fonit Cetra, per i primi tre album degli Osanna - non avemmo il coraggio di proporci per i nostri dischi. La Fonit ci propose uno studio grafico di Torino per la copertina de L’Uomo, che trovo bellissima. Per il secondo album, per Milano Calibro 9 con Luis Bacalov e Sergio Bardotti, si affidarono allo Studio di Pierre Cardin di Milano. Realizzarono una copertina che a me non è mai piaciuta. Però c’era di mezzo Pierre Cardin e tanto bastò. Per Palepoli lavorarono il grafico Carlo De Simone e Umberto Tedesco che allora era uno dei fotografi più in voga. Fummo noi a proporli. Ci occupammo in maniera diretta dei dischi successivi, a cominciare da Landscape of Life. Solo per Suddance tornammo ad affidare il lavoro grafico ad altri. La CBS volle affidarsi al grande Guido Harari, un fotografo straordinario. Per tutti gli altri dischi dei nuovi Osanna me ne sono occupato di persona. Massimo Guarino da tempo non è più coinvolto in attività musicali e oggi fa solo l’architetto.
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