Che cosa rende universale la poesia? Cosa la fa viva oggi più che mai? Quali strade sembra prendere? Quante categorie continua a sfuggire? Ne parliamo con una giovane autrice, poeta, ricercatrice, redattrice e campionessa di poetry slam.
Gloria Riggio (Foto Vividiversi)
Gloria Riggio (Agrigento, 2000) è la campionessa italiana di poetry slam 2023, la più giovane e la prima autrice donna nella storia nazionale. Studente di “Studi storici e filologico-letterari”, ha pubblicato raccolte di versi e sue poesie sono state tradotte in spagnolo, tedesco, inglese, francese e greco. È parte del Trento Poetry Slam e redattrice della rivista di letteratura contemporanea Inverso – Giornale di poesia.
Cosa significa per te poesia?
Creazione. Nel senso magico e nel senso artigianale: la parola che diventa rito, formula magica, canto in coro, lotta e manifestazione, ma anche la parola come saldatura, come formulario, come restituzione del dentro al fuori e del fuori al dentro, come creta e cibo, nutrimento, biglie, scoperta, ramo per scavare la sabbia sulla battigia sino a sconosciute cavità sotterranee – una strada sotto il mare; salvezza: evasione, ancoramento – o mani per la costruzione di castelli in balìa della riva, vivi per il loro tempo giusto.
Nella mia esperienza la parola poetica riesce da sempre ad intercettare il preciso punto di intersezione tra interiorità ed esteriorità, di conoscenza di sé e dell’altro da sé, e di ciascuno dei due in reciproca funzione dell’altro. Ma anche un proprio territorio di esplorazione, mettere l’intersezione in parola, restituire, cifrare o decifrare, allontanarsi da un mondo, scoprirne un altro, connettere. Questo ha a che fare anche con il modo più naturale ed efficace di restituire in una precisa forma un preciso significato, il valore di ciò che l’uno è nell’altro e viceversa.
Qual è la tua formazione?
Ho studiato in Sicilia sino ai diciotto anni, il liceo era il Classico Empedocle ma condivide la formazione che ho ricevuto con altri luoghi, altre cose: la casa natale di Pirandello a strapiombo su Contrada Caos e il suo pino orizzontale pieno di resina, la rupe Atenea e il suo nodo di voci, le mani di mio nonno durante la raccolta delle olive, la bottega di mio padre dentro il centro storico come una finestra affacciata su un mondo, la biblioteca oltre il ponte levatoio di un tempo, con pochi libri, un rifugio di tufo. Ho frequentato l’Università dall’altra parte della penisola, a Trento: Studi storici e filologico-letterari, è qui che ho conosciuto la poesia orale e performativa nella forma del poetry slam e dei reading, di un modo di creare in seno all’arte che producesse un ascolto generativo, la sensazione di vedere vivere tra le persone ciò che la poesia riesce ad intercettare di noi, e ci riguarda tuttə.
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