Awand. Rivista analogica di arti e creatività

«La fotografia di scena non esiste così come non esiste un solo modo di intendere il teatro. Il teatro è spesso definito con il qui e ora. La fotografia ferma il qui e ora trasformandolo in un ovunque e per sempre. In questa contraddizione sta il senso della ricerca fotografica dello spettacolo dal vivo.»

 

guido mencari

 

La fotografia di scena è documentazione o interpretazione? Secondo Guido Mencari «La fotografia di scena non esiste così come non esiste un solo modo di intendere il teatro. Il teatro è spesso definito con il qui e ora. La fotografia ferma il qui e ora trasformandolo in un ovunque e per sempre. In questa contraddizione sta il senso della ricerca fotografica dello spettacolo dal vivo.»

Mencari è l’autore del portfolio fotografico di questo numero di Awand, in buona parte dei suoi scatti lo sguardo non è quello dello spettatore in platea, sembra partecipare lui stesso all’azione teatrale «Spesso vado all’inizio delle prove, è importante capire i contenuti, le atmosfere che creeranno lo spettacolo finale; cerco più informazioni possibili. Si tratta di cogliere la poetica generale attraverso l’accostamento dei singoli ingredienti. A volte invece, capita di fotografare durante la generale, oppure anche durante lo spettacolo, ma cerco sempre uno sguardo alternativo. Il teatro rimane sempre lo stesso e diverso ogni volta che va in scena e allo stesso modo, la fotografia è sempre la stessa anche se diversa.»

Riguardo il coinvolgimento emotivo, il fotografo che ha lavorato con Romeo Castellucci, Jan Fabre, Oskaras Koršunovas, Bob Wilson e tanti altri, ha una propria modalità: «Prima di iniziare qualsiasi lavoro, mi ritaglio un momento di concentrazione che mi porti ad un totale svuotamento così da potermi immergere completamente nell’essenza del presente, alla ricerca della meraviglia.»

Tornando alla domanda di apertura, documentazione o interpretazione, ecco cosa accade quando Mencari approccia uno spettacolo o una performance: «Nell’inquadratura cerco di mettere un elemento di ordine personale nel disordine della vita. E cerco sempre il punto di vista giusto per raccontare la mia storia. Attraverso i dettagli e la narrazione personale io creo una versione a sé stante dello spettacolo. Creo la mia storia indipendente senza prescindere dalla scena reale e dall’atmosfera generale, però è sempre il mio punto di vista.»

E quando gli chiediamo perché abbia scelto il teatro per indagare la vita, risponde citando De Filippo «Il teatro non è altro che il disperato sforzo dell’uomo di dare un senso alla vita.»

 

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L'articolo integrale è pubblicato nel n. 3 di Awand, primavera 2022.
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Antonio Ant Cornacchia
Antonio Ant Cornacchia
Grafico, art director, giornalista. Ha studiato all'Accademia delle Belle Arti. È il fondatore e direttore di Awand. C'è chi lo chiama Ant, che sta per formica.

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