Awand. Rivista analogica di arti e creatività

Marchigiano, convive con la terra che trema costantemente sotto i suoi piedi. Ma ha un polmone in più che è il mantice del suo bandoneon e non smette di avere progetti nuovi per la testa. Forse la musica può sfidare le guerre e le pandemie. Forse.

 

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Daniele di Bonaventura in un ritratto di Andrea Rotili

 

Compositore e pianista, con alle spalle studi classici ma affermato bandoneonista, Daniele di Bonaventura è il musicista ideale che chiunque vorrebbe avere al suo fianco su un palcoscenico. Nato a Fermo nelle Marche, è caratterialmente tellurico come la sua tormentata terra. Ha lasciato il respiro del mantice del suo strumento in più di 90 album per svariate etichette discografiche, spaziando dalla musica classica a quella contemporanea, dalla musica etnica alla world music, dal jazz al tango. Ma, soprattutto, ha collocato il bandoneon in una dimensione anch’essa “diatonica”: interpretare tradizione e innovazione. Perché questo fascinoso strumento, che molti credono sia nato in Argentina per suonare il tango, ha una storia più antica e ben diversa. Nasce infatti come strumento per la musica sacra: per accompagnare i canti nelle processioni. Figlio dell’organo portativo - piccolo e comodo armonium a mantice - fu inventato dal tedesco Henrich Band nella prima metà dell’Ottocento. Furono gli emigrati tedeschi a portarlo in Argentina dove divenne lo strumento per suonare il tango, considerato per anni la musica dei bordelli. Poi, come è noto, fu il genio di Astor Piazzolla a restituire dignità sia al bandoneon che al tango stesso. Daniele di Bonaventura è andato oltre: lo ha reso protagonista anche nelle orchestre. In questa direzione ha anche composto e registrato un’opera come la Suite per Bandoneon e Orchestra. Lo ritroviamo in progetti disparati, accanto a uno stuolo di artisti italiani e internazionali: Miroslav Vitous, Paolo Fresu, Francesco Guccini, Sergio Cammariere, Peppe Servillo, Enrico Rava, A Filetta, Oliver Lake, Mimmo Cuticchio, David Murray, Rita Marcotulli, Dave Liebman, Toots Thielemans, Omar Sosa e tanti altri.

Ti hanno cercato in molti per progetti diversi, in contesti apparentemente lontani. Ma hanno cercato te o il tuo strumento?

In realtà, col passare del tempo, io mi sento sempre più uno che scrive musica. La cosa più importante per un musicista non è tanto eseguire musica ma scriverla, comporla. Perciò mi sento più vicino ai compositori.

 

 

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L'articolo integrale è pubblicato nel n. 4 di Awand, estate 2022.
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Silvio Teot
Silvio Teot

Negli anni Settanta è impegnato su diversi progetti musicali e teatrali e anima Radio Murgia, tra le prime radio libere nate in Italia. Come percussionista fonda - insieme a Maria Moramarco e Luigi Bolognese - il gruppo Uaragniaun col quale ha presentato spettacoli in Italia e nel mondo e prodotto 13 lavori discografici. Partecipa inoltre a diversi altri dischi in qualità di batterista. Studioso e collezionista di fumetti ha disegnato vignette satiriche per i giornali locali dell’Alta Murgia barese. Da giornalista-pubblicista ha diretto, dal 1986 al 2001, il periodico di cultura e informazione Piazza. Ha collaborato con quotidiani e riviste nazionali e regionali scrivendo articoli di cronaca, inchieste, e corsivi. È tuttora direttore responsabile della rivista storica Altamura, pubblicata dalla biblioteca A.B.M.C. Ha curato pubblicazioni e libri delle Edizioni Piazza e, nel 2002, pubblica il libro Trent’anni suonati, saggio romanzo sull’esperienza del laboratorio Uaragniaun e sulla musica popolare del Sud Italia. Nel 2007, insieme a Luigi Bolognese, cura il libro di Maria Moramarco Paràule. Nel 2010 pubblica il libro A furor di popolo, biografia del meridionalista Fabio Perinei. Negli ultimi anni si si dedica allo studio di numerosi altri strumenti a percussione e diversi strumenti a fiato. Col fumettista materano Pino Oliva è impegnato nella realizzazione di “Chitaridd, il brigante di matera”, un fumetto noir d’ambiente di cui cura soggetto e sceneggiatura.

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