Dagli esordi sulle riviste di fumetto d’avanguardia degli anni Ottanta all’amore per il cinema e la letteratura. Il tono malinconico dei suoi lavori, quel «rimpiangere un mondo che non hai vissuto, che in realtà non c’è mai stato» e il bisogno di “tessere” con le matite colorate «Non posso stare senza disegnare. È una pratica che ti serve a vivere, a stare a questo mondo, qualcosa per me un po’ sacrale».

 

gabriella giandelli

 

C’è un divertente libro di Tiffany Watt Smith, Atlante delle emozioni umane, che riporta la definizione di kaukokaipuu: «A volte abbiamo nostalgia di un posto in cui non siamo mai stati. A volte vorremmo trovarci ovunque, tranne che nel posto dove siamo. I finlandesi chiamano questo desiderio di un paese remoto kaukokaipuu». Quella impronunciabile parola finlandese mi è tornata in mente quando Gabriella Giandelli, nel corso di questa intervista, parla della propria adolescenza e della malinconia che traspare nelle sue tavole. Ma andiamo per ordine.

Le tue prime tavole furono pubblicate su Alter Alter e su Frigidaire nell’84 e 85. Avevi poco più di vent’anni.

Avevo frequentato l’Istituto d’arte, disegnavo in maniera molto libera, non pensavo ai fumetti, non ne sono mai stata una lettrice scatenata. Mi interessava più l’arte contemporanea. Poi ho scoperto queste riviste, Alter Alter e Frigidaire appunto, e ho avuto una folgorazione. Ho cominciato a provare e ho fatto due anni di scuola del fumetto, che a dirti la verità non è che mi sia piaciuta molto, però intanto ho approfondito il linguaggio. Come primissimo lavoro dovevo fare delle illustrazioni per un’enciclopedia araba, nella redazione della casa editrice a Cologno c’era la segretaria di edizione, molto simpatica. Abbiamo preso un caffè, chiacchierando le dico «Comincio a essere veramente affascinata dal raccontare a fumetti», lei mi chiede «C’è qualche autore che ti ispira?» e io «Mi fa impazzire Mattotti» di cui era appena uscito Spartaco, «Allora vieni a cena stasera, perché è il mio fidanzato». Quello con Lorenzo è stato un bellissimo incontro, da lì è nata un’amicizia. Poter vedere come lavorava, parlarne con lui, mi ha insegnato tantissimo. È stato fantastico perché ho avuto accesso diretto a un mondo, quello del gruppo Valvoline, che mi aveva colpito. La donna, la fidanzata di Lorenzo, era Lilia Ambrosi, anche con lei è nata una grande amicizia e collaborazione. Abbiamo ragionato sulle autrici femminili che ci ispiravano. Il primo fumetto pubblicato in assoluto era la riduzione di un racconto di Simone de Beauvoir. Con Lilia ci siamo appassionate a queste figure di giovani donne e del loro sentirsi inadeguate, non al passo con quello che viene richiesto in un mondo molto maschile. Come fra l’altro era quello del fumetto, almeno allora.

 

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L'articolo integrale è pubblicato nel n. 3 di Awand, primavera 2022.
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Antonio Ant Cornacchia
Antonio Ant Cornacchia
Grafico, art director, giornalista. Ha studiato all'Accademia delle Belle Arti. È il fondatore e direttore di Awand. C'è chi lo chiama Ant, che sta per formica.

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