«Io non sono sicuramente un grandissimo strumentista rispetto a tanti altri, però riesco a percepire la tessitura generale e il senso più profondo di quello che faccio. In definitiva è tutto merito dell’immaginazione. Avere la capacità di immaginare le cose che altri non vedono: collegamenti, assonanze che sfuggono.»
Daniele Sepe in un ritratto di Riccardo Piccirillo
Lo intervistiamo in video chiamata e non possiamo fare a meno di notare che ha un guanto scuro che ricopre la sua mano destra, manco fosse tra Tommy Smith e John Carlos, i due velocisti statunitensi che - nel 1968 alle Olimpiadi di Città del Messico - salirono sul podio e alzarono il pugno chiuso indossando guanti neri. Quel gesto, esibito mentre risuonava l’inno nazionale USA, divenne poi il simbolo della protesta per i diritti civili dei neri. Nulla di tutto questo ma, per certi versi, ci piace pensare che sia così. Perché Daniele Sepe è stato ed è un musicista schierato, controcorrente sempre, non classificabile per generi, rivoluzionario e irrequieto. Ma quella mano invece lo tormenta da tempo. Nonostante i tre interventi lo svilisce ancora, gli toglie il sonno. Sepe è napoletano ma a Napoli solo un’altra mano è quasi venerata: la mano di Maradona, la mano di Dio. Quando gli diciamo che suona il sassofono ancora benissimo, lui scuote la testa. E noi incalziamo…
Hai pubblicato 22 album, hai scritto per il cinema ma, considerando anche i recenti progetti a cui partecipi, non sembri uno che ha già fatto tutto quello che avrebbe voluto.
Di cose da fare ce ne sono tante. Spero di non avere mai completato il ciclo, altrimenti vorrebbe dire che poi non abbiamo più un cazzo da dire. Spero sempre che non mi manchino gli imput. Ho tanti progetti nuovi per la testa. Vorrei fare altri dischi ma, come sai, una volta fare un disco era una soddisfazione non solo per l’aspetto economico ma per la diffusione e la visibilità e tutto quanto ne deriva. Oggi invece - da quando è nato Spotify, lo streaming, eccetera - il disco materico è una cosa che si fa più per se stessi che per gli altri. Rispetto a quando abbiamo cominciato noi a fare dischi le vendite in generale si sono ridotte del 90%.
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