«È come se prendessi il lettore per mano dicendogli “Adesso attraverseremo dei corridoi bui, non preoccuparti, non ti perderai, io ti condurrò ma il senso di questa esperienza rimarrà a te trovarlo”».
Manuele Fior è un giramondo, sin da bambino cambia spesso casa, città, paese. Prima perché il papà militare passava da una base all’altra, poi perché la vita l’ha portato a Berlino, a Parigi, in Egitto, in Norvegia, per approdare negli ultimi tempi a Venezia, città dove aveva studiato da architetto. Le sue illustrazioni sono sulle copertine e le pagine di Einaudi, Feltrinelli, The New Yorker, Vanity Fair, la Repubblica, Le Monde, Il Sole 24 Ore e altri ma è soprattutto con i suoi libri a fumetti che Fior si è ritagliato uno spazio fra i più ammirati autori contemporanei della letteratura disegnata.
Comincerei dal disco di Peppino di Capri.
Era una doppia musicassetta, Live di Peppino di Capri a Capri.
Per cosa l’avevi vinta?
Avrò avuto dieci anni. L’unico appiglio con l’arte nella mia famiglia era mio nonno, il solo appassionato dei disegni e dei fumetti che facevo. Grande divoratore di cruciverba, fu lui a dirmi al telefono che avevo vinto uno di quei concorsi “Questo l’ho fatto io” sulla Settimana enigmistica. La mia prima pubblicazione.
Aiutami a capire perché quando vedo i tuoi lavori mi viene in mente La scala d’oro, la collana di classici per ragazzi pubblicata dall’UTET negli anni Trenta e Quaranta e poi riproposta in seguito. Era illustrata da autori come Gustavino, Bisi, Terzi, anche Toppi. Perché mi sembra che le tue tavole abbiano un gusto vintage?
Uh vintage! Non so, io guardo soprattutto alla pittura più che all’illustrazione. Non ho nessuna intenzione di essere retrò e cerco e penso di essere contemporaneo. Neppure le tecniche che adotto sono connotate temporalmente. Quella che uso in questo periodo, la guache, è fra le più antiche ma la penso contemporanea come l’ultima versione di Photoshop. Non so perché ti sembrino vintage, forse perché le immagini più antiche nella mia memoria vengono dai libri, dalle antologie di mia madre, illustrazioni molto pittoriche, vaporose, con un gusto alla Edmond Dulac.
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