Autore di fumetti, musicista, sceneggiatore e regista di cinema, direttore di Oblomov e Linus, Igor Tuveri ripercorre formazione culturale e carriera, attraverso le amicizie e le riviste, da un orizzonte all’altro del mondo. «Nel lavoro di un autore il processo è nella maggior parte del tutto inconscio. Si svolge in una sorta di camera oscura psichica. Nel mio caso è come “essere agiti”, il fumetto è il vampiro che guida la mia vita.»
Perché è così importante disegnare per te e che cosa è cambiato, come spinta interiore, da quando hai cominciato ad adesso che sei un autore affermato a livello internazionale?
Non lo so, non so dirti esattamente perché lo faccio. So solo che lo devo fare, e con il tempo ho imparato ad assecondare questa spinta. Più o meno attorno ai cinque, sei anni ho cominciato a capire che avrei voluto disegnare e raccontare storie. Ecco, questa idea si è fatta strada in maniera naturale. Ingenuamente credevo che anche i miei amici avessero chiara l’idea di cosa avrebbero fatto “da grandi”, solo dopo mi sono reso conto che non era sempre il caso. Molti miei compagni, negli anni del liceo, per esempio, entrarono in crisi, non avevano idea di cosa fare.
Questa specie di strana consapevolezza mi ha sempre incuriosito, e ultimamente ho indagato tra alcuni colleghi, da Burns a Loustal, da Mattotti a Carpinteri e altri per scoprire che anche loro più o meno attorno alla mia stessa età sapevano quale strada avrebbero intrapreso.
Mi capita, nei rari momenti in cui sono lontano dalla carta, lontano dal disegno, provo una specie di disorientamento. Allora ho capito che “lavorare” mi centra, che mi calma, come dice Muñoz. È un modo per capire, conoscere, decodificare. Sono degli occhiali per guardare il mondo.
(...)
L'articolo integrale è pubblicato nel n. 2 di Awand, inverno 2021-2022.
Abbonati o cercala nei punti vendita.