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Si occupa di tecnologie digitali e filosofia della tecnica con uno sguardo sempre lucido e oggi, circondati dagli oligopoli di Meta o Google, più necessario che mai: “Ippolita si forma dall’intersezione di tre fiumi: l’hacking, la controcultura e il femminismo” . Una multidisciplinarietà per offrire strumenti alle comunità e ai movimenti. Perché, sanciscono, il futuro è qui e ora.

ippolita chiacchio

Illustrazione di Francesco Chiacchio (per gentile concessione dell’autore)

 

A più di vent’anni dalla fondazione, il collettivo Ippolita è ancora una delle voci più stimolanti nel mondo della critica radicale italiana. Attraverso numerosi libri, articoli e incontri si occupano di tecnologie digitali e filosofia della tecnica con uno sguardo sempre lucido e oggi, circondati dagli oligopoli di Meta o Google, più necessario che mai. Da qualche anno hanno rafforzato la loro attività editoriale grazie a curatele e collane, ma si muovo sempre dalle loro origini: “Ippolita si forma dall’intersezione di tre fiumi: l’hacking, la controcultura e il femminismo” . Una multidisciplinarietà sempre viva da cui offrono strumenti alle comunità e ai movimenti. Perché, sanciscono, il futuro è qui e ora.

Nei giorni dell’inizio del secondo mandato di Donald Trump, lo vediamo circondato dai tecnocrati come Musk, Zuckerberg e Bezos. Gli oligarchi della Silicon Valley e i politici statunitensi non sono mai sembrati così vicini. Ha vinto l’anarco-capitalismo?

Possiamo dire che oggi i nodi sono venuti al pettine. Sicuramente le tendenze anarco-capitaliste della Silicon Valley non sono mai state così tanto vicine al potere politico del presidente degli Stati Uniti. Forse solo nel lontano 2008 con l’elezione di Barack Obama c’è stato un momento molto importante di avvicinamento tra i due mondi, ma era una fase storica completamente differente. Obama è stato un presidente che nella fase delle elezioni ha usufruito in maniera massiccia dei social media, promuovendo campagne notevoli soprattutto per l’epoca, perché è stato il primo a farle e a costruire molto consenso su questa strategia. Come dicevamo, tuttavia, in questa fase i nodi sono venuti al pettine, nel senso che si può notare un maggiore allineamento tra potere politico e tecnocratico; vedremo in questi mesi che rapporto ci sarà tra le grandi piattaforme e il secondo mandato di Trump, che, a differenza del primo Trump, sovranista in senso populista, ha una marcatura anarco-capitalista molto più netta. Oggi conserva tratti sovranisti secondo il principio dell’America first, che resta il suo cardine, però la direzione che vuole prendere si può vedere dalle persone di cui si circonda, come Musk o il suo vicepresidente Vance. Quindi, c’è tanto anarco-capitalismo in questo secondo mandato ed è un’ideologia forte del proprio posizionamento nel mondo delle piattaforme digitali.

Se dall’altra parte dell’Oceano la politica si sta legando ai tecnocrati, da questo lato la politica sembra non riuscire a riformare la Rete e le sue storture; nell’azione dell’UE si percepisce raramente l’urgenza di intervenire su di uno strumento entrato così massicciamente nelle nostre vite. Meglio una Rete normata o anarchica?

Bisogna distinguere bene tra anarco-capitalismo e anarchia. Abbiamo dedicato a questa differenza i libri “Nell’acquario di Facebook” e “Etica hacker e anarco-capitalismo”, nei quali abbiamo tracciato una ricostruzione storica delle radici dell’anarco-capitalismo. I tecnocrati statunitensi si definiscono libertariani, corrente politica che in Europa non esiste, dove invece esistono i libertari, che hanno radici nell’anarchia e nel socialismo. Negli Stati Uniti la scuola di pensiero libertariano ha in comune ben poco con l’anarchia socialista europea, se non il radicamento nel principio della supremazia delle libertà individuali. I libertariani difendono strenuamente la proprietà privata e l’assenza di Stato. Nella figurazione della società del controllo digitale si afferma un’utopia in cui le tecnologie potranno sostituire interamente lo Stato senza aver bisogno neanche dell’esercito. Uno Stato ridotto al minimo. Questa è la visione anarco-capitalista in purezza. In una seconda versione, definita minarchismo, sopravvive uno Stato minimo che gestisce la sicurezza e qualche pezzo essenziale dello Stato, soprattutto il controllo della forza e della violenza, al fine di garantire legalmente, tra le altre cose, la proprietà privata. Sostanzialmente esiste una chiara vocazione politica nel capitalismo della sorveglianza, perché la sua dimensione ideale è la governance, che si sostituisce all’esercizio della democrazia. È chiaro che dal momento in cui tutto diventa amministrazione e misurabilità, la vita politica diventa protocollare e si svuotano le istanze etiche e politiche. Trionfa la razionalità strumentale. Chiaramente, questo afferisce a una cultura nordamericana, mentre in Europa le cose stanno un po’ diversamente, nonostante l’UE non riesca interamente ad arginare questo fenomeno globale. È difficile capire come intervenire e con quali norme, essendo la Rete diffusa globalmente.

 

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L'articolo integrale è pubblicato nel n. 15 di Awand, primavera 2025.
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Michele Cornacchia
Michele Cornacchia
È del '93 e vive tra Roma e Altamura. Si occupa di politiche pubbliche, economia della cultura e infrastrutture, cui si è dedicato per studio, lavoro e attivismo negli ultimi 10 anni.

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