Awand. Rivista analogica di arti e creatività

«Fare libri d’artista è un esercizio estremamente riflessivo e intimo, che vuole tempi lunghi e questo bisogna riuscire a trasmetterlo anche a chi guarda.» «È il percorso che porta a cambiare i punti di vista, fa sgorgare l’inconsueto. Nella pratica delle arti ma anche nella vita»

 

Maurizio Olivotto

 

Nato a Bressanone nel 1953, Maurizio Olivotto si è formato ad Urbino e Firenze, seguendo studi di incisione, disegno animato, illustrazione e grafica. Artista fuori dagli schemi, il suo lavoro non somiglia a quello di nessun altro cui si cerchi in qualche modo di riferirlo. Pur evocando e rielaborando temi rintracciabili in esperienze artistiche e letterarie note, il suo carattere rimane a parte, in un margine che ha un valore contemplativo vivissimo, eppure pieno di energia brulicante. Il metodo di Maurizio Olivotto si potrebbe paragonare a quello di un alchimista. Colui che con costanza, curiosità e spiritualità ricerca la sublimazione della materia. O quella del giardiniere. Una figura cioè che coltiva con cura e pazienza una segreta intesa tra sé e il proprio giardino, e tra questo piccolo spazio di creazione e il resto del mondo.
Di Maurizio Olivotto si conosce l’opera grafica ma è soprattutto nei libri d’artista che, secondo noi, si trova (e a volte si nasconde) la sua poetica. Sfogliare un suo libro è sempre un’esperienza che si compie in un tempo sospeso, ideale, che impegna tutti i sensi, la ragione e il cuore.

Quando hai capito che una delle forme artistiche che ti esprimeva meglio era il libro d’artista?

Dopo avere usato per anni fogli sciolti per i miei appunti, che a volte venivano perduti o dispersi, ho deciso di raccogliere tutto in brogliacci o album. Si trattava di carnet pratici soprattutto da portare in viaggio. Proprio di ritorno da un viaggio, mi sono accorto che quei diari pieni di appunti e idee spontanei avevano un valore estetico e una consequenzialità molto interessanti. Da lì ho cominciato a lavorare in modo più mirato, su idee e soggetti decisi in partenza. Sono stati i miei primi libri d’artista, nati per caso.

Quali sono stati gli incontri che hanno indirizzato il tuo lavoro? Persone, ma anche letture, opere d’arte, luoghi...

A quindici anni ho scoperto Paul Klee. Sono rimasto letteralmente rapito dal suo lavoro. Poi le sculture di Moore. Fra l’altro, è dopo avere visitato una sua retrospettiva al Forte Belvedere di Firenze che ho deciso di stabilirmi in quella città. Più tardi, è stato determinante l’incontro con l’artista Magdalo Mussio. Questo ha cambiato radicalmente il mio rapporto col fare artistico. Con lui ho imparato a tenermi fuori da schemi preformati e dal vincolo della tecnica. Quello della tecnica è un vero problema. Aderisco del tutto all’idea di Steinberg (uno dei disegnatori che amo di più) che vuole la tecnica un mezzo e non un fine. C’è poi anche la musica. Non potrei lavorare senza Bach, Satie, Miles Davis, per fare alcuni esempi. Accompagnano la mia creatività, suggeriscono immagini, evocano mondi. E poi, naturalmente, la letteratura. Borges e Calvino tra tutti.

 

(...)

L'articolo integrale è pubblicato nel n. 7 di Awand, primavera 2023.
Abbonati, acquistalo o cercalo nei punti vendita.

© Riproduzione riservata. È vietata qualsiasi riproduzione su qualsiasi mezzo senza autorizzazione esplicita di Awand e degli autori.
© All rights reserved. Any reproduction on any medium is forbidden without the explicit authorization of Awand and the authors.