STORIA. Tra i maggiori studiosi della storia orale, ha pubblicato libri su Bob Dylan, Woody Guthrie, Bruce Springsteen. Ricercatore di canti popolari e di protesta ha collaborato con Gianni Bosio e Giovanna Marini e curato progetti discografici che hanno segnato la storia del movimento operaio. “Pensavamo di poter cambiare il mondo. Poi abbiamo cominciato a pensare che questo mondo andava bene e bastava fare qualche piccolo ritocco. Infine siamo diventati i difensori di questo mondo”
Alessandro Portelli in una foto © Instituto de Investigaciones Dr. José María Luis Mora
Incontrare Alessandro Portelli è come incrociare un significativo pezzo della storia italiana. Già professore ordinario di letteratura angloamericana all’Università “La Sapienza”, è uno dei maggiori teorici della storia orale. Ha pubblicato innumerevoli saggi e volumi sulla musica popolare italiana e americana. Ha scritto testi per canzoni, si è occupato di teatro con Ascanio Celestini ed è un infaticabile intellettuale nonchè acuto osservatore politico. Da non musicista ha curato diverse registrazioni per i Dischi del Sole e collaborato per le etichette i Dischi dello Zodiaco, Albatros. Negli anni Settanta lo ritroviamo come giornalista sulla rivista Muzak. Con Giovanna Marini ha fondato il Circolo Gianni Bosio. Insomma potremmo continuare ad elencare la sua produzione ad libitum. La sua è un’opera che si presta ad essere definita monumentale. Perciò intervistarlo significa circoscrivere le nostre domande solo su alcuni temi che lo hanno visto quale punto di riferimento di una generazione.
Partiamo con il suo ultimo lavoro, Dal rosso al nero. La svolta a destra di una città operaia. Terni, laboratorio d’Italia (Collana Saggi, Roma, Donzelli, 2023). In questi giorni sta presentando il suo libro in varie città italiane. Su Terni, quale cartina di tornasole per analizzare la condizione operaia italiana, ha già scritto altri volumi… Ne vogliamo parlare? Non ritiene che quanto sta accadendo oggi a Terni è semplicemente quello che accade in tutto il mondo?
Terni, per il suo importante centro siderurgico, è un laboratorio d’Italia e certamente rispecchia quanto accade in molta parte del Paese. Spero non sia un fenomeno mondiale. Poi, indubbiamente, l’industrializzazione è un processo globale. L’aggressione alla sanità pubblica invece è un processo nazionale, tutto nostro. Come lo è anche l’incattivimento dei rapporti tra le persone. Ma sul piano strettamente politico un sacco di gente ha votato a destra non necessariamente per motivazioni ideologiche. Tant’è vero che a Terni, nei primi anni di svolta a destra, c’è stata tutta la campagna di revisionismo che poi è sparita. Perché non era su quello che si erano create le condizioni che avevano portato alla vittoria le destre. Il sindaco uscente era Leonardo Latini, un avvocato che aveva militato in vari partiti post fascisti per poi accasarsi con la Lega. La gente aveva votato a destra aspettandosi dei cambiamenti che, in realtà, non ci sono stati. Ma, invece di tornare indietro e scegliere chi aveva governato prima, gli elettori si sono sfogati nella follia e hanno premiato un personaggio come Stefano Bandecchi. Anche per una sorta di mitologia dell’alternanza in cui siamo cascati un po’ tutti. In questo senso, se vogliamo, Terni non è soltanto un laboratorio nazionale: Bandecchi è Javier Milei, è Donald Trump… E ci dà l’idea che il sistema democratico impazzisce.
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