Fondamenta / Fondazione Rossi. In occasione della mostra Chromasacra a Villa Vertua di Nova Milanese, la Fondazione Rossi presenta Walter Erra Hubert. L’artista statunitense vive tra Los Angeles e l’Italia e in questa intervista racconta come il suo processo creativo nell’arte sia una forma di riflessione interiore «Quando riesco a sentirmi in armonia con la mia mente, il mio cuore e il mio spirito, ho un approccio equilibrato che genera un senso di calma nello studio, quasi come una forma di meditazione, e da lì l’espressione artistica fluisce attraverso di me».

Walter Erra Hubert

 

Come hai capito di voler essere un artista?

Non c’è mai stato un momento preciso in cui ho deciso che avrei fatto arte nella mia vita. È sempre stata una parte di me, da sempre dentro di me. Il mio processo creativo è scaturito già in tenera età, attraverso il disegno e la pittura quando ero solo un bambino. Non ho mai avuto alcun dubbio sul fatto di diventare un artista. Sono nato artista.

E come hai conciliato il tuo desiderio di fare l’artista con i tuoi studi?

Fin da giovane a scuola ho iniziato a essere premiato con borse di studio per proseguire il percorso di studi in ambito artistico e ho continuato a ricevere riconoscimenti di merito durante la scuola primaria e secondaria, proseguendo i miei studi praticamente da solo, puntando tutto sulla mia passione. Avevo insegnanti e corsi accademici da seguire come tutti a scuola, ma ero molto appassionato a quello che facevo ed ero costantemente coinvolto e stimolato nella produzione artistica, che ha assunto molte forme diverse nel corso degli anni. Ho sempre dipinto diversificando gli stili e le tecniche che mi venivano insegnati; la mia formazione scolastica presso l’Otis College of Art and Design di Los Angeles ha raggiunto un livello molto alto. Attratto dall’idea di apprendere i principi fondativi dell’arte, ho conseguito le mie lauree in Belle Arti, triennale e magistrale, nello stesso istituto, dedicandomi ad un approccio classico all’arte, studiando le più significative opere figurative tridimensionali e bidimensionali.

Quanto importante è stato formarsi in Accademia come artista?

Penso che i miei studi abbiano riguardato soprattutto la conoscenza di come diverse culture affrontano specifiche espressioni nell’arte. È stato un apprendimento molto generale, ma completo e globale allo stesso tempo. Ho studiato arte europea, arte americana, arte dei popoli indigeni perché il processo creativo per me è presente in tutti gli ambiti. Quello di comprendere che cosa si nasconde dietro alla realizzazione di un’opera è diventato il mio obiettivo principale man mano che sviluppavo il mio stile personale.

Nei tuoi studi quali erano e ora quali sono i tuoi riferimenti artistici?

Sicuramente il college mi ha indirizzato su alcuni stili; ho studiato la pittura a inchiostro cinese per diversi anni e ho dedicato la mia tesi alla tecnica degli acquerelli. Ho sempre avuto interesse nel modo in cui diversi artisti affrontano il loro mestiere. Le influenze più importanti nel processo di creazione le ho ricevute da artisti con cui ho lavorato personalmente, fra cui molti erano artisti noti. All’inizio, l’espressionismo astratto mi ha attratto molto. Artisti come Robert Motherwell e Paul Jenkins mi hanno influenzato per motivi diversi: amo il gesto di Motherwell e la sovrapposizione mistica di forma e colore di Paul Jenkins. Penso che le ispirazioni più dirette siano state tratte più da artisti moderni che da artisti classici, anche se il corpo di lavoro classico mi ha influenzato profondamente.

Tu sei americano, come mai questo contatto con l’Italia?

Sono di Los Angeles, ma sono figlio di genitori immigrati italiani.

 

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L'articolo integrale è pubblicato nel n. 13 di Awand, autunno 2024.
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Antonio Ant Cornacchia
Antonio Ant Cornacchia
Grafico, art director, giornalista. Ha studiato all'Accademia delle Belle Arti. È il fondatore e direttore di Awand. C'è chi lo chiama Ant, che sta per formica.

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