«Con i personaggi femminili sono critica come lo sono con me stessa: so che devono lottare il doppio per restare vive nella pagina». «La scrittura mi consente di fare da adulta ciò che la lettura mi consentiva da ragazzina: spostarmi, ma allora era una forma di escapismo da casa. Tutto nella mia testa. Ora scrivere continua a consentirmi di spostarmi, ma per entrare in luoghi insondabili e venire a capo di solito di niente».
Carmen Pellegrino in un ritratto di Leonardo Cendamo
Postiglione degli Alburni è un piccolo comune del Cilento, ed è lì che affondano le radici della più appenninica delle scrittrici italiane, Carmen Pellegrino. Nel 2021 La nave di Teseo ha pubblicato il suo ultimo romanzo “La felicità degli altri”, candidato al premio Campiello e che fa seguito al suo esordio con “Cade la terra” (2015) e “Se mi tornassi questa sera accanto” (2017). Un lungo viaggio, quella della “abbandonologa”, tra luoghi insondabili e vite disgregate, per “venire a capo di niente”.
Ci diano del tu o del lei?
Rigorosamente del tu. D’altronde, chi siamo mai? Ombra di uomini che passano, scriveva Franco Loi. O per dirla con Emily Dickinson: “Io sono Nessuno! Tu chi sei? Sei Nessuno anche tu? Allora siamo in due!”. Ora potresti legittimamente dirmi di parlare solo per me! Hai ragione.
Nella premessa al suo ultimo libro “A grandezza naturale”, Erri De Luca scrive che “il verbo più adatto alla narrativa non sia scrivere un libro ma commetterlo, alla maniera di un illecito”, e che “uno scrittore sta anche da imputato di fronte al lettore. Fattispecie del reato è lo spreco del suo tempo.” Sei d’accordo?
C’è un po’ di compiacimento, ma sono d’accordo sul senso generale, e cioè che non si può sottrarre tempo al lettore chiedendogli attenzione e poi lasciarlo nel posto in cui era prima di cominciare la lettura. Penso che in un libro qualcosa debba accadere, e non mi riferisco necessariamente ai fatti o agli eventi narrati, ai principi drammaturgici, alla famosa pistola di Cechov che se compare deve poi sparare. Mi riferisco alla lingua utilizzata: se in una prosa o in una poesia qualcosa accade, nessun illecito è stato commesso.
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L'articolo integrale è pubblicato nel n. 1 di Awand, autunno 2021.
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