Per quasi 10 anni Alberto Zanchetta ha diretto il Museo di Arte Contemporanea di Lissone. Le scelte artistiche, il budget, i rapporti con le istituzioni e gli artisti.
Alberto Zanchetta accanto a un autoritratto di Matteo Fato, 2015
“Professioni” ovvero le pagine dedicate ai mestieri che accompagnano il lavoro di artiste e artisti. La produzione, l’organizzazione, la promozione e tutte le attività indispensabili a far conoscere, a rendere fruibile, a valorizzare e studiare opere e processi.
In questa prima intervista abbiamo incontrato Alberto Zanchetta, critico e curatore d’arte, insegna all’Accademia di Belle Arti di Urbino. Dal 2013 al 2020 è stato direttore artistico del MAC, Museo d’Arte Contemporanea di Lissone. Nel 2015 ha curato il volume 1946~1967: Il Premio Lissone che racconta la storia di uno dei premi di pittura più importanti del secondo dopoguerra; nel 2011 ha pubblicato il libro Frenologia della Vanitas (Johan&Levi) in cui ripercorre la storia del memento mori nelle arti visive; del 2007 è il saggio Humpty Dumpty Encomion (Vanilla edizioni) ispirato al celebre personaggio di Lewis Carroll.
Dal 2012 al 2020 hai diretto il Museo di Arte Contemporanea di Lissone, in Brianza. Quasi 1.700 mq di superficie espositiva su 4 livelli, una struttura importante ma nell’ombra di Milano. Quanto sei riuscito a fare di quello che ti proponevi al momento dell’insediamento?
Molto più di quello che mi aspettavo. Avevo l’ambizione di trasformare il MAC in un museo inclusivo, se non addirittura pantagruelico. Con il senno di poi avrei voluto fare molte altre cose – tra cui un Padiglione di design destinato a un’esposizione permanente delle collezioni nate a partire dal 2019 – ma molti mi hanno “accusato” di aver fatto anche troppo. Alla fine sono soddisfatto di aver dato linfa vitale a un museo che si è imposto come un’alternativa ai propri competitor, sia nell’approccio sia nelle proposte.
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