«Il teatro serve nel momento in cui è in grado di portare sul palcoscenico temi e persone che ci riguardano, che riguardano noi che stiamo sul palco ma anche chi è in sala e generalmente quello che cerchiamo di fare è di condividere con il pubblico un viaggio, uno studio, un approfondimento»
Enrico Castellani e Valeria Raimondi in una foto di Sara Castiglioni
La donna era ammantata di porpora e di scarlatto, adorna d’oro, di pietre preziose e di perle, teneva in mano una coppa d’oro, colma degli abomini e delle immondezze della sua prostituzione. Sulla fronte aveva scritto un nome misterioso: Babilonia la grande, la madre delle prostitute e degli abomini della terra. (Da L’Apocalisse di Giovanni)
La madre ha avuto un parto gemellare, che poi ha dato vita a sua volta a una costellazione di figli e figlie che ancora adesso si aggirano per la terra. Due di questi figli hanno preso il nome di Enrico Castellani e Valeria Raimondi, sono atterrati ad Oppeano, un comune in provincia di Verona che conta poco più di dieci mila abitanti. Hanno pensato, ideato e messo su un teatro pop, rock e punk e lo hanno battezzato Babilonia Teatri.
Incontro Valeria ed Enrico in una giornata caldissima di luglio, in un teatro al Sud Italia che frequentano spesso (il Teatro Koreja di Lecce) e la prima domanda che faccio loro è da dove vengono, quali sono i loro maestri, da chi hanno imparato il mestiere.
«Non abbiamo nessuna formazione tradizionale, non abbiamo fatto nessuna scuola, io – dice Enrico Castellani – ci ho anche provato ma non mi hanno preso.»
«Io non ci ho mai provato – è Valeria Raimondi a parlare – no, non ci ho mai neanche provato. Abbiamo più maestri di elezione, qualcuno di cui dici “Ecco questo è il genere di lavoro che mi piacerebbe fare”. Lavori che ci hanno folgorato come La rabbia di Pippo Delbono, però anche tante cose fuori dal teatro, ma poi i maestri si continuano a scoprire.»
«Abbiamo rivisto in questi giorni “Caro diario” di Nanni Moretti e dopo tutto il nostro percorso teatrale ci è venuto da dire: “Mammamia quello lì è proprio il nostro modo di fare spettacoli” e quando l’avevo visto la prima volta non esisteva ancora Babilonia ma adesso ci abbiamo pensato e abbiamo capito. Questo costruire per capitoli, l’assenza della storia, il seguire le necessità interiori che Nanni Moretti in tutti i suoi film asseconda e allora ci siamo detti: “Ma Nanni Moretti è un nostro maestro!”.»
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