Musica. «Tornare alla fonte, tornare a casa per riportare nel mondo tutto ciò che mi appartiene. Avere un’identità forte per poi accogliere le conoscenze dei popoli della Terra. In tutto questo gli elementi di base non possono che essere figli della cultura popolare.»

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Enzo Avitabile in un ritratto di Titti Fabozzi

 

Più di quarant’anni di attività, costellati da innumerevoli progetti musicali, collaborazioni a 360 gradi con i migliori artisti nazionali e internazionali, non sono riassumibili in una intervista. Perché il nostro interlocutore è Enzo Avitabile. Perché è una persona autentica, capace di lasciare tracce di emozioni in tutto quello che fa e ovunque si trovi. Non sorprende pertanto l’interesse per lui da parte di Jonathan Demme, il regista Premio Oscar che nel 2012 decide di dedicargli un docufilm. Il titolo è emblematico: Enzo Avitabile Music Life, presentato al Festival del Cinema di Venezia. Il regista de Il silenzio degli innocenti, non è nuovo a questo tipo di cinema. Prima di puntare la sua camera da presa su Enzo Avitabile aveva realizzato docufilm musicali su Neil Young e sui newyorkesi Talking Heads. Da questo poetico docufilm, recentemente riproposto su Raiplay, parte allora la nostra intervista.

Come nasce Enzo Avitabile Music Live e l’omonimo album?

Sostanzialmente dalla nostra seconda tournèe in America, quando le radio americane hanno cominciato a “passare” la mia musica. Jonathan mi riferì che una notte, mentre era in auto sul George Washington Bridge, una radio trasmise un mio brano e lui scarabocchiò il mio nome per ricordarsene. Dopo qualche anno, in occasione del Napoli Film Festival, attraverso una conferenza stampa espresse il desiderio di incontrarmi personalmente. Seguì una festa in una splendida casa napoletana in cui si ritrovò tutta l’intellighenzia partenopea. Io ebbi la premura di portagli tutti i miei lavori discografici per poi scoprire che li aveva già tutti scaricati. Mi disse che aveva fatto una sua personale ricerca e li aveva raccolti. Io ovviamente gliene feci ugualmente dono. Di lì la sua richiesta di poter girare un film sulla mia “vita musica” che avremmo prodotto noi tramite Davide Azzolini. Jonathan non voleva creare un documento sulla mia condizione di artista che fa concerti, tra grandi festival, affollati eventi, pubblico che applaude sotto il palco… Quello cioè che accade durante uno spettacolo. Lui voleva un film sul mio pensiero musicale, su quello che facevo nella musica e per la musica. Passare una settimana con me, con i miei luoghi, i miei incontri e filmare il mio quotidiano rapporto con la creatività musicale. A quel punto ci siamo detti: creiamo una musica per il film che nasce nel film stesso. Insomma la colonna sonora di quel docufilm è visualizzata e registrata mentre si sta creando all’interno dello stesso. In pratica io realizzo un nuovo album facendo il docufilm. E posso dirti che non mi sono fatto mancare niente. In quel lavoro ci sono prestigiosi musicisti che venivano da ogni parte del mondo: Trilok Gurtu, Eliades Ochoa, Luigi Lai, Djivan Gasparyan e molti altri che meglio rappresentavano il mio rapporto con i suoni del mondo. Nel 2012 ero molto interessato a quella che veniva definita la world music anche se non ho mai amato particolarmente le etichette di genere.

Nel docufilm salta fuori anche una tua dimensione che non era particolarmente conosciuta: quella di compositore di partiture sinfoniche. Una quantità enorme di opere per quartetti, orchestre da camera e orchestre sinfoniche. Cosa ne farai? Le pubblicherai in un volume o cos’altro?

Ho sempre scritto partiture per orchestra o per quartetti. Costantemente! Scrivendo prima da amanuense e poi con l’ausilio del computer. Credo di aver scritto almeno 400 opere. Sono cose che magari saranno riscoperte quando non ci saremo più… diciamo post mortem. Qualcosa tuttavia è stata pubblicata. Penso alle musiche per orchestra sinfonica e coro dell’opera Il Vangelo di Pippo Del Bono, riprodotta dall’Orchestra del San Carlo di Napoli. O alcune mie composizioni per flauto che saranno a presto presentate da interpreti di primo livello.

 

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L'articolo integrale è pubblicato nel n. 8 di Awand, estate 2023.
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Silvio Teot
Silvio Teot

Negli anni Settanta è impegnato su diversi progetti musicali e teatrali e anima Radio Murgia, tra le prime radio libere nate in Italia. Come percussionista fonda - insieme a Maria Moramarco e Luigi Bolognese - il gruppo Uaragniaun col quale ha presentato spettacoli in Italia e nel mondo e prodotto 13 lavori discografici. Partecipa inoltre a diversi altri dischi in qualità di batterista. Studioso e collezionista di fumetti ha disegnato vignette satiriche per i giornali locali dell’Alta Murgia barese. Da giornalista-pubblicista ha diretto, dal 1986 al 2001, il periodico di cultura e informazione Piazza. Ha collaborato con quotidiani e riviste nazionali e regionali scrivendo articoli di cronaca, inchieste, e corsivi. È tuttora direttore responsabile della rivista storica Altamura, pubblicata dalla biblioteca A.B.M.C. Ha curato pubblicazioni e libri delle Edizioni Piazza e, nel 2002, pubblica il libro Trent’anni suonati, saggio romanzo sull’esperienza del laboratorio Uaragniaun e sulla musica popolare del Sud Italia. Nel 2007, insieme a Luigi Bolognese, cura il libro di Maria Moramarco Paràule. Nel 2010 pubblica il libro A furor di popolo, biografia del meridionalista Fabio Perinei. Negli ultimi anni si si dedica allo studio di numerosi altri strumenti a percussione e diversi strumenti a fiato. Col fumettista materano Pino Oliva è impegnato nella realizzazione di “Chitaridd, il brigante di matera”, un fumetto noir d’ambiente di cui cura soggetto e sceneggiatura.

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