Libri e album musicali allo stesso tempo: è la formula adottata dalla piccola casa editrice romana. Dalle ricerche di Leydi, De Martino e Carpitella alle più recenti produzioni dei Fratelli Mancuso e Peppe Voltarelli, vincendo nove Targhe Tenco e preservando una irrinunciabile libertà.
Una premessa doverosa: per le pagine delle professioni in questo numero intervistiamo una piccola casa editrice, la Squilibri. Fra le sue numerose particolarità c’è anche quella di pubblicare Awand stessa, un piccolo conflitto d’interessi a cui andiamo volentieri incontro perché basta scorrere il catalogo costruito in questi anni da Squilibri per comprendere come avrebbe comunque trovato spazio sulla nostra rivista. Dalla preziosa riedizione integrale di Son sei sorelle di Roberto De Simone alle produzioni più recenti di artisti come i Fratelli Mancuso, Alessandro D’Alessandro e Peppe Voltarelli, premiate più volte al Club Tenco. L’ibridazione fra libro e album musicale è una costante dei titoli di questo piccolo editore, naturale quando parliamo del frutto delle rilevazioni sul campo dei padri fondatori della moderna etnomusicologia — da Diego Carpitella a Roberto Leydi, da Ernesto De Martino ad Alberto Mario Cirese — ma che è diventata una firma anche in tutti gli altri volumi proposti, dedicati alle musiche di tradizione (repertori o ambiti territoriali), al panorama del cosiddetto folk revival e alle più recenti contaminazioni con altri generi musicali (cantautorato, blues e molto altro).
Abbiamo rivolto le nostre domande al fondatore di Squilibri, Domenico Ferraro, professore di filosofia a Tor Vergata.
Com’è cominciata la storia di Squilibri?
In modo alquanto casuale, come una costola di un’associazione culturale e in reazione all’indolenza di altri editori. Come associazione volevamo pubblicare e ci siamo rivolti a editori, evidentemente poco interessati alle nostre proposte: credo che nessuno si sia mai accorto di quei primi libri e dischi. Da qui la decisione di fare in proprio, con la costituzione di una casa editrice. In quella decisione in realtà c’era anche altro, di meno avventato: l’esigenza di affrancarsi dalla politica, cui un’associazione è condannata, per proporre in libertà le idee che ci interessavano e che riguardavano per lo più le musiche di tradizione orale e le sue possibili rivisitazioni. Niente di definito, a dire il vero: la linea editoriale e il progetto culturale che in essa dovrebbe esprimersi sono venuti dopo, libro dopo libro, disco dopo disco.
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L'articolo integrale è pubblicato nel n. 5 di Awand, autunno 2022.
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