Fra i più importanti illustratori italiani, rivendica pigrizia e indipendenza «Non ho nessuna voglia di disegnare. Non ho mai tenuto un notebook, forse perché compro quaderni, vecchi e carichi di memorie, che mi piacciono così tanto che mi dispiace usarli». Per molti anni autore di tutte le copertine dei libri Guanda, oggi si gode la libertà di fare quello che davvero gli piace «Il mio disegno deve dire prima di tutto “io sono un disegno”, tutta la parte mimetica della pittura non mi interessa». Perché disegna? «Credo che ognuno abbia necessità di esprimersi in qualche modo, di relazionarsi con gli altri anche in tanti sistemi non verbali».
Guido Scarabottolo in un ritratto di Nicola Boccaccini
Guido Scarabottolo è un maestro della divagazione. Pacato e flemmatico ci ha tenuto inchiodati ad ascoltarlo sviare alle nostre domande, trascinandoci in aneddoti e ricordi molto divertenti a cui magari un giorno dedicheremo un numero speciale. O due. O tre. Qui abbiamo provato a ricostruire il percorso di uno dei più importanti illustratori italiani, scoprendone le virtù e qualche vizio.
AP Sei nato a Sesto San Giovanni, e hai studiato a Milano. Che rapporto hai con queste due città?
Essere nati a Sesto San Giovanni vuol dire essere misti, perché Sesto è una città di immigrazione operaia dal primo dopoguerra. È il posto dove c’erano le acciaierie della Lombardia e dove quindi è arrivata gente da tutta Italia nella prima ondata migratoria. Ho studiato a Milano fin dalle medie inferiori, già a dieci anni prendevo l’autobus e andavo da Sesto a piazzale Loreto, dove c’era la scuola che frequentavo. A dieci anni, adesso sarebbe una cosa impensabile. Questo andare avanti e indietro mi ha sradicato da Sesto ma non mi ha radicato a Milano. Il fatto di avere queste due alternative mi ha fornito anche delle scuse per evitare di impegnarmi in certe situazioni: avevo delle scuse geografiche.
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L'articolo integrale è pubblicato nel n. 1 di Awand, autunno 2021.
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