Ha diretto la fotografia nei film degli esordi di Soldini e Martone e nei titoli più celebrati di Sorrentino, Amelio e Di Costanzo. Esorta i giovani autori a osare e innovare, approfittando della «fortuna di poter sperimentare con le proprie mani la facilità e la creatività che il mezzo digitale offre»
Cos’hanno in comune alcuni dei film italiani più importanti degli ultimi trent’anni? Dagli esordi di Soldini, Martone e Daniele Segre fino ai recenti, celebratissimi, di Sorrentino, Di Costanzo e tanti altri hanno Luca Bigazzi come direttore della fotografia e operatore di macchina. Un fattore comune che lui vorrebbe impercettibile perché «ogni film richiede un’immagine diversa, una luce diversa, un trattamento dell’inquadratura, del fuoco, della luce, dei contrasti, del colore, completamente diversa».
A.C.: Ti abbiamo visto in una foto di qualche tempo fa con una maglietta dei Jesus and Mary Chain. Attualmente che musica ascolti?
Sono molto legato ai supporti concreti, la musica la vorrei sentire su CD. È invece diventato quasi impossibile, non ci sono neanche quasi più i negozi di dischi. Il supporto materiale mi manca. Quando ancora compravo i CD ero ossessionato dai Notwist, dai Lali Puna, dai Caribou, da Four Tet, da Jon Hopkins, da un’elettronica a volte melodica a volte più sperimentale. Ascolto un po’ di tutto. La musica italiana non mi interessa moltissimo, a parte forse Brunori e poche altre cose. Radio Popolare di Milano è la mia radio preferita, ogni tanto mandano dei pezzi stranissimi che mi piacciono, tipo Bando di Anna o Le ragazze di Calvairate.
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