Un ritratto del giovane fotoreporter ucciso nel 2014 in Ucraina. L’intervista ai genitori, Elisa Signori e Rino Rocchelli, e a Piero Pozzi, relatore per la tesi di laurea (di cui proponiamo l’introduzione) in cui l’ex allievo di Alex Majoli e fra i fondatori di Cesura anticipava la sua idea di fotografia sostenibile

Andrea Rocchelli 10 Anni gianluca costantini

Un ritratto di Andy Rocchelli disegnato da Gianluca Costantini

 

Andrea (Andy) Rocchelli è stato un fotoreporter freelance, nato nel 1983 e laureato in design della comunicazione nel 2007, dopo uno stage presso l’agenzia Grazia Neri è diventato uno degli assistenti di Alex Majoli. Nel 2008, insieme ad Arianna Arcara, Gabriele Micalizzi, Alessandro Sala, Luca Santese e Gabriele Stabile, ha fondato Cesura, un collettivo che nel tempo si è ritagliato uno spazio importante nell’ambito fotografico e ha raggiunto i 18 componenti. Nella sua breve carriera, Rocchelli ha documentato molte situazioni di crisi — come la Primavera Araba in Libia e in Tunisia, le violazioni dei diritti umani in Kyrgyzstan e Ingushetia, i migranti nel meridione d’Italia vittime di sfruttamento da parte della criminalità organizzata — ma non solo. Ha pubblicato su Le Monde, Newsweek, The Wall Street Journal e altre testate internazionali. È stato ucciso il 24 Maggio 2014 ad Andreyevka, vicino Sloviansk, nell’Ucraina orientale, mentre documentava la situazione dei civili coinvolti nel conflitto del Donbass tra i militari ucraini e i separatisti filo-russi. Insieme a Rocchelli è stato ucciso anche Andrej Mironov, attivista per i diritti umani ed interprete, feriti il fotoreporter francese William Roguelon e il loro autista locale. I processi di questi anni non hanno portato ancora a una condanna definitiva — quella in Corte d’appello è stata annullata per un vizio di forma dalla Cassazione — ma hanno accertato la responsabilità dei militari ucraini e che l’attacco non è stato accidentale.

Con i genitori di Andrea, Elisa Signori e Rino Rocchelli, e con Piero Pozzi, che fu relatore per la sua tesi, più che ripercorrere la vicenda giudiziaria (ampiamente documentata online) abbiamo voluto tracciare il ritratto di un fotoreporter che non aveva ancora compiuto trentuno anni quando è stato ucciso, nello stesso giorno in cui il figlio ne compiva tre. In chiusura poi abbiamo voluto riprendere l’introduzione proprio della tesi di laurea di Rocchelli, in cui è già molto chiara la sua idea di fotografia e di quelli che saranno i principi che avrebbero determinato il suo lavoro negli anni a seguire.

 

Andy o Andrea per voi?

E.S. Noi lo chiamavamo Andrea. Andy è il nome che usavano i suoi amici e che nel tempo è diventato il suo nome professionale.

Che bambino era?

E.S. È difficile definire un figlio. Un bambino che non ha mai dato problemi, che ha avuto una vita familiare felice e serena. Vivace, non era il bravo bambino che sta a casa a fare i compiti tutti i giorni. Ha avuto il suo periodo anarchico, era punk. Insomma, tutto normale.

Con la scuola?

E.S. Ha frequentato il liceo scientifico, si è diplomato con un buon voto poi al Politecnico ha frequentato Design della comunicazione, laureandosi con una tesi in fotografia con il professor Pozzi. In seguito, ha fatto uno stage presso l’agenzia Grazia Neri, un’esperienza per lui molto formativa, positiva.

Come si era avvicinato alla fotografia?

R.R. Direi al liceo, io avevo comperato per curiosità una delle prime macchine digitali Fuji, praticamente non l’ho mai usata, me l’ha requisita e così ha cominciato.

Che passioni aveva?

E.S. La musica, la natura, la lettura, le amicizie, da adolescente ha frequentato il mondo scout. Ha vissuto tante relazioni e le documentava con la fotografia. Per lui era una specie di diario per immagini tenuto fino all’ultimo. Lo abbiamo capito dopo la sua morte, riguardando il suo archivio fotografico, dai primi scatti fino a quelli degli ultimi secondi. La sua non è mai stata una passione per la fotografia artistica, in posa, ma più un modo per raccontare. Come quando fotografava il mondo dei pendolari, le aree industriali dismesse vicino in Bovisa, dove frequentava il Politecnico. Dopo la maturità era stato in Africa, dove poi è tornato più volte. In Senegal con un gruppo che andava per quello che adesso si chiama turismo sostenibile e solidale.

 

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L'articolo integrale è pubblicato nel n. 14 di Awand, inverno 2024/2025.
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Antonio Ant Cornacchia
Antonio Ant Cornacchia
Grafico, art director, giornalista. Ha studiato all'Accademia delle Belle Arti. È il fondatore e direttore di Awand. C'è chi lo chiama Ant, che sta per formica.

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