A vue d’oeil
L’emplacement est vide
Tenu sous silence
Suite à un aiguillage
Cousu de fil blanc
A perdita d’occhio
Il posto è vuoto
Taciuto
Dopo una virata
Cucita con filo bianco
Così inizia il piccolo poema White-Out, contenuto in un doppio leporello di piccolo formato (19x14cm.) edito qualche anno fa dall’editore borgognone Æncrage. Il libro riunisce nella stessa copertina due concertine a quattro piegature ciascuna, e comprende un testo poetico di Siegfried Plümper-Hüttenbrinck accompagnato da interventi di Anne Pétrequin. Si tratta di tiratura di 15 soli esemplari su bella carta in puro cotone BFK Rives, dove parole ed immagini sono più suggerite che stampate. Il testo infatti è impresso al torchio tipografico senza l’utilizzo di inchiostro e le immagini sono composte da semplici punteggiature fatte con l’ago. Un libro definito “fantasma” dallo stesso autore.
Se trasferire visivamente le immagini evocate dalle parole è già di per sé stessa una sfida, interpretare in una sequenza di pagine tangibile e concreta degli stati o sensazioni come il silenzio, il vuoto e l’assenza, cioè qualcosa di estremamente sfuggente e non visibile, è un’impresa ambiziosa e paradossale. Paradossale perché si deve costruire per sottrazione. Un ossimoro. Tutti i legami e i rimandi che si operano tra pensiero, parola, immagine, in White-Out sono fragili, svaporano nonostante la concretezza della pagina. Le connessioni diventano allusioni, tessiture inesistenti e a volte ambigue, dal doppio senso. Il titolo stesso del libro lo è, tanto per cominciare. Whiteout è “tempesta” ma nell’ortografia col trattino prende il significato di “sbianchettatura”, cioè l’atto di cancellare col bianchetto (cancellare cosa? viene da domandarsi. Un refuso? un fatto? un ricordo? Possiamo abbandonarci e interpretare).
Anche l’aiguillage presente nel testo poetico ha più significati: da quello figurato di cambio di direzione, deviazione, a quello più prosaico di scambio di binari ferroviario. In ogni caso la registrazione di una virata, di un cambiamento, che può essere sia fisico che mentale. L’etimologia del termine aiguillage (che deriva da aiguille, ago, dal latino acucula, acus=acuto, appuntito) ci offre anche un’altra interpretazione. Riguarda l’ago, lo strumento col quale si fora, il più delle volte per passarci un filo che tesse un raccordo, congiunge delle parti, talora formando un disegno. E su questo legame primitivo della parola con la sua origine poggia l’intuizione di Anne Pétrequin. L’artista infatti traspone in immagini i versi attraverso forme punteggiate, piccoli buchi d’ago che delineano figure. Senza mai svelarle però, senza mai introdurre un filo, narrazione o raccordo, che possa esplicitarsi in una linea continua, a formare un disegno. La Pétrequin intercetta così il carattere misterioso ed evocativo del testo poetico, che suggerisce e non descrive il vuoto, l’assenza, la mancanza.
L’aiguillage non è nuovo. Sistema usato dai bari per marcare le carte da gioco, la storia e la letteratura ci raccontano il suo uso anche in altri contesti. Forse del più celebre ce ne parla Alexandre Dumas ne Le chevalier de la Maison Rouge, riferito al sistema di scrittura segreta utilizzato da Maria Antonietta durante la sua prigionia alla Conciergerie. Curioso precedente. Ma se il rimando finisce ovviamente qui, nella semplice curiosità dell’aneddoto, alla segretezza si rifà il lavoro di Anne Pétrequin. L’artista punteggia figure con l’ago, facendo pendant alle parole battute al torchio senza essere inchiostrate, sicché la traccia lasciata in rilievo dai caratteri mobili ha lo stesso principio di sottrazione di quella ricreata dai punti bucati dall’ago. La luce passa e il nostro occhio ricompone il disegno, tutto in contre-jour, in controluce, e difatti le figure si leggono facendoci passare la luce attraverso oppure proprio al contrario, chiudendo gli occhi e affidandosi nel buio alla sensibilità delle dita che esplorano la pagina. Ecco perché White-out è un libro creato da quel che manca, da infinitesimali variazioni di luce e ombra sulla grana bianca della carta. Una piccola tempesta abbacinata e sussurrata sul vuoto e l’assenza, la mancanza e il silenzio. Ecco perché White-out è un libro fantasma.
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