Awand. Rivista analogica di arti e creatività

gelsomino schiavo

 

Imparare a leggere fu una rivelazione di per sé. Le parole di ogni giorno erano suono, ma erano anche figure che si potevano decifrare e disegnare, lo potevamo fare tutti, non era un privilegio di pochi eletti come Giotto o Tiepolo. Artisti, sì, e un po’ compaesani e compagni di classe secchioni, per noi che crescevamo in una pianura disseminata di capannoni, ville palladiane e cappelle affrescate.

Poi arrivò Gelsomino. Lo portò mamma un pomeriggio di primavera, una sorpresa delle sue - Guarda cos’ho trovato!, esclamava stupita, lei per prima, di avere tra le mani un sacchetto di baci di dama di cui andavo ghiotta, un mazzo di fiori, una volta persino un gattino che rimase con noi molti anni, un libro. Un libro come questo, di Gianni Rodari.

Il regalo mostrava che là fuori, nel mondo, c’è qualcosa di bello che aspetta proprio noi, e neanche lo sappiamo. A volte serve qualcuno che ci vuole bene e ci conosce per metterlo sulla nostra strada.

Gelsomino faceva ridere. Fino ad allora leggere era la fatica di imparare, mettere insieme le sillabe e trovarsi di fronte una parola, una frase, una storia. Quelle nei libri di scuola erano prevedibili, noiosette, lo sforzo di leggerle non era adeguatamente ripagato.

Sapevo che poteva essere meglio di così. Bastava sbirciare papà immerso nella cronaca nera dei quotidiani, immune a qualsiasi squillo del telefono, del campanello o nostro richiamo. Mentre leggeva era lì ma non era lì. Era una magia e anch’io volevo farne parte.

Il mio mentore fu Gianni Rodari. La dedica del libro che tenevo tra le mani diceva: Un po’ alla mia bambina Paola e un po’ a tutti i bambini. Questa storia era anche per me. Voltai pagina e caddi, proprio come Alice, nella tana del Bianconiglio.

Gelsomino nel paese dei bugiardi fu la prima opera che suscitò in me una reazione fisica ed emotiva: la parola scritta mi faceva divertire e ridere così forte che mamma si affacciò un paio di volte, trovandomi a rotolarmi nel letto e a piangere dalle risate. Lo rilessi molte altre volte e continuò a provocarmi un’ilarità tale che anche adesso, a pensarci, mi mette di buon umore.

Di leggere non ho mai smesso ma poche altre volte sono stata tanto coinvolta. Ricordo il voltastomaco quando lo Svedese incontra la figlia latitante, malnutrita e maleodorante in Pastorale americana. Philip Roth mi portò lì, sentivo l’odore dolciastro che emanava Merry e dovetti chiudere il libro per respirare a fondo e tornare nella mia stanza. Un’esperienza impossibile da dimenticare. Ma un divertimento puro e assoluto come quello vissuto con Rodari non l’ho più incontrato.

La storia non era solo divertentissima, era anche scritta in modo diverso rispetto a quello che leggevo per scuola. Gelsomino conteneva parole che sentivo dire tutti i giorni ma non avevo mai visto in un libro. Espressioni colloquiali come “va là” o “Ma chi è che (rompe i vetri)?” rendevano i dialoghi più verosimili di quelli scritti in modo impeccabile, e proprio per questo poco credibili.

Inoltre, svelava una verità che avrei incontrato crescendo. Il protagonista ha una voce poderosa, tanto potente da far cadere le pere dagli alberi e piegare le sbarre della prigione. Un dono da usare con cautela, come tutti i superpoteri. Il destino fa approdare Gelsomino nel paese dei bugiardi, dove un despota obbliga la popolazione a cambiare lingua, abitudini, regole. Un luogo in cui chi dice la verità va in prigione, e la voce di Gelsomino diventa indispensabile per fare giustizia.

Di questi paesi dei bugiardi, da grande, ne ho incontrati tanti nelle cronache dei quotidiani e non solo lì. Per fortuna la letteratura viene in nostro soccorso.

“Ho capito - concluse fra sé Gelsomino - in questo paese bisogna parlare alla rovescia. Se chiami pane il pane non ti capiscono”. Le riflessioni di Gelsomino non sono così distanti dai versi di Emily Dickinson “Tell All the Truth buy Tell it Slant”.

Di’ tutta la verità ma dilla obliqua –
Il successo sta in un Circuito
Troppo brillante per la nostra malferma Delizia
La superba sorpresa della Verità
Come un Fulmine ai Bambini chiarito
Con tenere spiegazioni
La Verità deve abbagliare gradualmente
O tutti sarebbero ciechi.

 

Silvia Schiavo aiuta le persone a raccontarsi. Lo fa con aziende e professionisti, affiancandoli nella gestione della comunicazione.

 

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L'articolo integrale è pubblicato nel n. 7 di Awand, primavera 2023.
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