Awand. Rivista analogica di arti e creatività

Tom Vague

 

Tom Vague è nato e cresciuto a Salisbury, Regno Unito, nella classica periferia dove il tempo scorre con un ritmo tutto particolare. Il suo stile di vita è la dimostrazione di un impegno esistenziale a vivere al di fuori della cultura mainstream in favore di un radicale rifiuto del carrierismo e della ricerca del successo.

Il nome di Tom Vague è legato alla rivista che porta il suo cognome, Vague, che inizia le pubblicazioni nel 1979 per terminarle nei primi anni Novanta. Durante i primi numeri Vague, ufficialmente disoccupato, sbarca il lunario lavorando come roadie per la band punk Adam and the Ants portando così avanti la sua etica “anti lavoro” che trae spunto da The Abolition of Work1, saggio dell’amico Bob Black.
All’interno di Vague si leggono articoli sulla musica di Lou Reed e David Bowie, l’occultismo di Aleister Crowley, il teatro di Antonin Artaud, la letteratura di Arthur Rimbaud, Jack Kerouac, William Burroughs e soprattutto tanto Situazionismo.

Negli anni Vague diventa un vettore di idee sempre contraddistinte da un forte sentimento antiautoritario e da un interesse verso le più trasgressive subculture. Uno dei suoi tratti tipici è senza dubbio l’orgogliosamente rivendicata assenza di valutazione critica circa il materiale da pubblicare che, proprio per questa mancanza di filtro, risulta essere una celebrazione di fenomeni marginali, sovversivi e a volte violenti che però fanno ancora oggi di Vague uno spazio che apre a punti di vista particolari, difficilmente riscontrabili su altre testate. Lo stile anarchico di Vague ha affascinato personaggi quali Nick Land, Mark Fisher e in generale il gruppo di pensatori riconducibili al Cybernetic Culture Research Unit (CCRU) e al movimento Accellerazionista oggi tanto in voga.

La mescolanza di stili e contenuti è un’altra delle cifre di Vague. Il suo passare con noncuranza da argomenti popolari a temi sovversivi e complessi ne delinea lo stile ambiguo fra gossip e politica, tabloid scandalistici ed eccentrica trasgressione. Quello che piace a Vague è il ribaltamento del punto di vista, la fascinazione mai celata nei confronti di certe derive estremiste che rivela il desiderio di vendetta contro ciò che è per lui elitario. Se per la cultura mainstream il culto della rivoluzione rappresenta perfettamente l’immagine del male, per Vague è l’esatto opposto: il mondo nelle sue dinamiche di sfruttamento porta dentro di sé le stigmate del male e la violenza non è altro che la vendetta nei confronti del mondo stesso.

Importante è anche il legame fra Vague e Jamie Reid, artista e anarchico, già attivo con la sua fanzine Suburban Press. Le sue grafiche sono influenzate dalla tradizione del Futurismo e del Dadaismo con ampio uso di quel collage che contribuirà a creare l’immaginario punk tipico dei suoi lavori per i Sex Pistols come Never Mind the Bollocks e i singoli Anarchy in the UKGod Save The Queen.

L’intero costrutto teorico di Vague, nella sua enfasi anarcoide e cyber punk, è dunque riconducibile ai due riferimenti culturali del Punk e del Situazionismo, affrontati in maniera diametralmente opposta rispetto a Stewart Home e alla sua rivista Art Strike, altro riferimento della controcultura del tempo.

È Mark Fisher che con il suo stile riesce a descrivere ciò che ha rappresentato la figura di Tom Vague per più generazioni: «Vague era assolutamente del suo tempo e quindi in anticipo sui tempi visto che – come sostiene McLuhan – il profeta è semplicemente colui che è in grado di vedere e conoscere quello che accade di fronte ai suoi occhi. Accusando il rock and roll di aver fallito nelle sue millenarie promesse di liberazione, Vague da tempo ha cessato di essere una fanzine per diventare un oggetto mutante del tutto assimilabile a una console videodrome»2.

Tom Vague è quindi una specie sui generis di antieroe che ha deciso di condurre un’esistenza militante nell’era della banalità, del super ego manifesto e della rottura dei legami personali. Ogni aspetto della sua attività può essere visto anche come il definitivo passaggio dell’editoria underground dal moderno al postmoderno, dall’universale al particolare, dalla massa indistinta alla moltitudine parcellizzata e schizoide.

Bob Black, The Abolition of Work and Other Essays, Loompanics Unlimited, 1986.

M. Fisher, «A rupturing of this Collective Amnesia» in K-Punk, 17 agosto 2007.

 

Vague 20. Televisionaries 1988

 

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L'articolo integrale è pubblicato nel n. 6 di Awand, inverno 2022-2023.
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Francesco Ciaponi
Francesco Ciaponi
Francesco Ciaponi (Pontedera, 1978) è docente di Storia della Stampa e dell’Editoria all’Accademia di belle Arti di Brera, alla LABA Libera Accademia di Belle Arti di Rimini e di Comunicazione visiva all’Istituto Modartech di Pontedera. Fondatore del Centro Studi EdF, progetto di ricerca sulle forme più marginali e sperimentali della comunicazione, ha curato per Lazy Dog insieme a Silvia Sfligiotti il secondo volume della collana di Antologia di cultura grafica dedicata alle Controculture. Il suo ultimo libro è “Fanzine culture” edito da Flaco Edizioni (2024).

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