Awand. Rivista analogica di arti e creatività

Disegna per l’editoria, l’animazione tradizionale e per il fumetto, le piace lasciarsi trasportare, trovare la rotta strada facendo «È la parte più viva. Fa venire smania, sei felice quando senti quella cosa lì. Mi piace che il percorso faccia scoprire cose che alla partenza non sapevo.»

 

agli autoritratti degli Uffizi fumetti nei musei sito

 

I vuoti, i silenzi, il non detto, in non visibile nell’arte possono contare quanto i pieni, i suoni, il detto e il visibile. Ci sono autori e autrici che del lato in ombra fanno la propria cifra stilistica, la ragione della propria ricerca. Mara Cerri è probabilmente fra di loro. Lei lo chiama il mistero. Nei suoi disegni per l’editoria e l’animazione, nelle sue illustrazioni per il cinema e da qualche mese anche per il fumetto — suo, insieme a Chiara Lagani, il graphic novel de l’Amica geniale — la parte, nel senso di ruolo, lasciata all’interpretazione di chi guarda e legge è fondamentale, forse quanto quella dell’autrice. E poi ci sono gli imprevisti, quello che accade facendo. La intervistiamo, ci dice, in un momento di riflessione personale «Sento che è un momento in cui devo farmi delle domande.»

Sei nata e vivi in una terra — fra Pesaro e Urbino — da cui provengono molti autori e autrici di cinema d’animazione. A cosa e a chi dobbiamo essere grati di questa fioritura?

Alla sezione di animazione della Scuola del libro di Urbino, dove ho studiato e dove si sono formati anche Gianluigi Toccafondo, Roberto Catani e Simone Massi, autori di veri capolavori. Unica scuola in cui si studia la tecnica di animazione tradizionale, quella completamente dipinta a mano, quella con cui io e Magda Guidi realizziamo i nostri cortometraggi. Parliamo di quattromila disegni in acrilico su carta per circa otto minuti di animazione. Un lavoro lunghissimo che ti porta ad una percezione del tempo e di quello che stai facendo che deriva proprio dalla tecnica in sé: interiorizzi ogni scena, ogni fotogramma. È un approccio sentimentale. Una cosa che abbiamo percepito di quella scuola è la stratificazione, l’humus che si è formato. Guardando anche quello che fanno i ragazzi che la frequentano oggi così come quelli che sono con noi nel corso di animazione in ISIA, sono sorprendenti. Io mi sono diplomata nel 1998, lì ho conosciuto Magda, un incontro fondamentale, è l’unica persona con cui avrei mai potuto realizzare i corti che abbiamo fatto. Condividendo tutti i passaggi, dall’ideazione, alla scrittura, all’animazione vera e propria. Mantenendo sempre tutto mobile, nel senso che non lavoriamo mai su uno storyboard preciso e vincolante, ci riserviamo sempre la possibilità di dargli una botta e sgangherarlo un po’. Assestamenti che aprono pertugi, situazioni nuove in cui è bello infilarsi. Succede così, anche casualmente si aprono possibilità inedite a cui non sapevi di arrivare. È un vero viaggio.

 

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L'articolo integrale è pubblicato nel n. 6 di Awand, inverno 2022-2023.
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Antonio Ant Cornacchia
Antonio Ant Cornacchia
Grafico, art director, giornalista. Ha studiato all'Accademia delle Belle Arti. È il fondatore e direttore di Awand. C'è chi lo chiama Ant, che sta per formica.

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